Omega-3 e prevenzione cardiovascolare: una valutazione di efficacia e sostenibilità

Anno: 2015 - Vol: 4 - Num. 4

Andrea Poscia, Flavia Kheiraoui, Danila Basso, Maria Avolio, Carlo Favaretti, Aldo P. Maggioni

ELEMENTI CHIAVE PER IL PROCESSO DECISIONALE

  • L’ipertrigliceridemia (HTG) è una condizione patologica caratterizzata da un livello di trigliceridi (TG) a digiuno maggiore di 150 mg/dL. Nelle fasce di età più giovani colpisce maggiormente gli uomini, mentre accade il contrario nelle fasce di età più avanzate. Diverse sono le cause responsabili, tra cui difetti genetici, introduzione di calorie in eccesso, inattività fisica, fumo e alcool, etc.. La terapia dell'ipertrigliceridemia è finalizzata alla riduzione delle principali patologie associate a questa condizione, ovvero le malattie cardiovascolari e la pancreatite acuta. Per questo si basa sull’adozione di uno stile di vita più salutare e di una regolare attività fisica associati, se necessario, ad una terapia farmacologica rappresentata da fibrati, statine ed acidi grassi Omega-3.
  • Le malattie cardiovascolari costituiscono di per sè una delle più importanti cause di morte nel mondo e la loro crescente prevalenza incide sulla salute pubblica e sul consumo delle risorse sanitarie ed economiche. Dati Istat (2013) riportano che 1 italiano su 4 è affetto da malattie cardiache che rappresentano la principale causa di disabilità fra i soggetti anziani. L’incidenza annuale di eventi coronarici nella popolazione di 35-69 anni è di 5,7 (per 1.000) negli uomini e di 1,7 (per 1.000) nelle donne; la spesa per gli interventi cardiochirurgici è stimabile in circa 650 milioni di € e rappresenta quasi l’1% della spesa sanitaria.
  • Per poter ridurre il carico delle malattie cardiovascolari è necessario porre in atto un'efficace prevenzione secondaria, che è rivolta a pazienti che hanno subito patologie cardiovascolari; consiste nella programmazione ed attuazione di differenti tipologie di interventi (farmacologici e non) allo scopo di ridurre la probabilità di un secondo evento cardiaco e, quindi, la mortalità e la morbosità a questo associate. Il management della prevenzione secondaria post infarto acuto del miocardio e di HTG o, più in generale, delle dislipidemie sono, per molti aspetti, sovrapponibili, intervenendo sui fattori di rischio modificabili, attraverso la promozione di uno stile di vita più salutare e la prevenzione farmacologica volta a normalizzare le condizioni scatenanti la patologia. Le più recenti Linee Guida raccomandano di effettuare una stima del rischio cardiovascolare totale, che comprende uno screening lipidico completo, per gli uomini dopo i 40 anni e per le donne dopo i 50 anni. Tale stima viene anticipata nel caso di individui con storia familiare di malattie cardiovascolari ischemiche precoci. In presenza di HTG, un corretto approccio prevede la valutazione del grado, della rapidità e del fatto di essere isolata o meno. Dovrebbe essere indagata, inoltre, la presenza di altri fattori di rischio (obesità centrale, ipertensione arteriosa, alterazioni del metabolismo glucidico, disfunzione epatica), così come le cause secondarie di iperlipidemia. Poiché alcuni farmaci utilizzati per la gestione di queste patologie possono avere degli effetti collaterali, nella scelta della terapia ciò va tenuto in considerazione.
  • Dal punto di vista del metabolismo lipidico, gli Omega-3 si sono mostrati in grado di ridurre i livelli di trigliceridi plasmatici in maniera dose dipendente, con maggiori effetti nei pazienti con livelli di trigliceridi in partenza più elevati. Ad un dosaggio compreso tra i 3 ed i 4 grammi al giorno, gli studi hanno evidenziato una riduzione del 25-52% dei livelli plasmatici di trigliceridi, una diminuzione del colesterolo non HDL ed un aumento del colesterolo HDL, sebbene in qualche caso si sia registrato un leggero incremento del colesterolo LDL, prevalentemente da imputare alla componente DHA. Probabilmente a causa di diversi meccanismi di azione, l'effetto benefico del trattamento con Omega-3 si è dimostrato aggiuntivo rispetto alla terapia con le statine, consentendo una riduzione ulteriore dei trigliceridi intorno al 7% e del colesterolo non HDL intorno al 20%. Un effetto complementare degli Omega-3 è stato registrato anche quando utilizzati in combinazione con altri farmaci ipolipemizzanti come i fenofibrati o la niacina.
  • L’effetto cardioprotettivo degli acidi grassi Omega-3 è conosciuto da tempo, ma l'esatto meccanismo associato alla riduzione della mortalità per infarto miocardico acuto, aterosclerosi e altre patologie ischemiche non è stato ancora definitivamente chiarito, suggerendo l'esistenza di un effetto pleiotropico. Ad oggi, l'evidenza scientifica a supporto dell’utilizzo degli Omega3 nella prevenzione dell'Infarto del Miocardio si basa principalmente su tre trial clinici che hanno dimostrato la loro efficacia nella riduzione degli eventi cardiovascolari in monoterapia o in aggiunta alla terapia con le statine. Il Diet and Reinfarction Trial (DART) aveva riportato una significativa riduzione della morte cardiaca (-29%) in pazienti post-infartuati ad aumentato consumo di pesce grasso, mentre il trial JELIS ha dimostrato, in pazienti giapponesi ipercolesterolinemici in trattamento con 1800 mg di EPA/ die, una riduzione del 19% di eventi coronarici maggiori. Nel Trial GISSIPrevenzione la riduzione della mortalità cardiovascolare è stata di circa il 21% nei pazienti con infarto del miocardio trattati con 1g/die di Omega-3 altamente purificati. Trial più recenti, condotti alla luce delle più aggiornate terapie, non sono riusciti ad evidenziare un significativo beneficio nella prevenzione secondaria del paziente con infarto del miocardio trattato con Omega-3. Tuttavia, la presenza di alcuni limiti connessi alla numerosità campionaria, alla potenza degli studi ed alla durata del follow up non consente ad oggi di trarre considerazioni conclusive sull'argomento. Al contrario, la quasi totale assenza di effetti collaterali in caso di terapia a base di Omega-3 ne giustifica l'utilizzo in associazione alle altre terapie di comprovata efficacia clinica per massimizare il beneficio terapeutico del paziente. Anche le diverse metanalisi condotte sull'argomento hanno fornito risultati contrastanti, sebbene la più recente ed ampia di queste suggerisca, limitatamente alla supplementazione con acidi grassi polinsaturi - EPA/DHA - valutata negli studi osservazionali con misurazione dei biomarker circolanti, un significativo effetto protettivo sugli eventi cardiovascolari.
  • Allo stato attuale solo Esapent, Eskim, Seacor e Olevia soddisfano i requisiti quantitativi e qualitativi previsti dalle Note 13 e 94, in quanto acidi grassi polinsaturi con contenuto di acido eicosapentaenoico (EPA) e di acido docosaesaenoico (DHA) non inferiore all’ 85% ed in rapporto tra loro d 0.9- 1.5; la bioequivalenza degli Omega3 è stata studiata in diversi trial e considerando, quindi, la pari efficacia, ad oggi Olevia risulta essere il farmaco con il minore prezzo al pubblico.
  • Un'estensione delle indicazioni cliniche per l'utilizzo degli Omega-3 potrebbe riguardare i pazienti affetti da scompenso cardiaco: il recente trial GISSI-HF ha evidenziato come il trattatamento con Omega-3, in aggiunta alle terapie previste dalle più aggiornate linee guida, sia in grado di ridurre ulteriormente del 9% il rischio di mortalità e dell’8% quello combinato di mortalità e ospedalizzazione per malattie cardiovascolari.