Analisi, mediante metodologia HTA, del valore clinico e sociale di pembrolizumab + axitinib per il trattamento dei pazienti con carcinoma a cellule renali metastatico

Anno: 2021 - Vol: 10 - Num. 4

Giovanna Elisa Calabrò, Chiara Cadeddu, Leonardo Villani, Stefano Vella, Roberto Ricciardi, Marta Marino

Elementi chiave per il processo decisionale

  • I tumori del rene rappresentano il 4,6% delle neoplasie maligne diagnosticate ogni anno in Italia nel genere maschile occupando il quinto posto per frequenza, a differenza del genere femminile in cui rappresentano il 2,5%, posizionandosi al 12° posto. Tra questi il carcinoma a cellule renali (RCC) è la forma più comune, rappresentando oltre il 90% di tutte le neoplasie renali nella popolazione adulta. Si manifesta prevalentemente negli uomini e, in media, intorno ai 60 anni di età. In Italia, nel 2020, erano circa 13.500 i nuovi casi attesi di tumore del rene (9.000 maschi e 4.500 femmine) e 144.400 le persone viventi dopo la diagnosi della neoplasia (97.200 maschi e 47.200 femmine).
  • Il tumore del rene resta spesso clinicamente silente per la maggior parte del suo corso. In oltre la metà dei casi, infatti, il riscontro è occasionale e nel 55% dei casi è confinato al rene. La presenza di sintomi è spesso foriera di malattia avanzata. Il 25-30% circa dei pazienti presenta una forma tumorale in fase localmente avanzata e/o metastatica all’esordio, mentre un ulteriore 20-30% sviluppa metastasi successivamente all’escissione del tumore primitivo, che si diffondono in particolar modo a polmoni, ossa, linfonodi, ghiandole surrenali, fegato e cervello.
  • Oltre il 50% dei pazienti diagnosticati in fase precoce guarisce. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è pari al 71% e passa dall’87% nella classe di età 15-44 anni al 56% nelle persone più anziane (>75 anni).
  • Per quanto riguarda il tumore renale a cellule chiare (istotipo più frequente con il 70-80% dei casi), secondo quanto riportato nelle ultime Linee Guida AIOM del 2020, sono attualmente disponibili e autorizzati in Italia diversi farmaci per la prima linea metastatica quali: a) per i pazienti classificati a rischio prognostico favorevole (come terapia di prima scelta): sunitinib, pazopanib, combinazione pembrolizumab + axitinib; b) per i pazienti classificati a rischio prognostico intermedio e poor (come terapia di prima scelta): pembrolizumab + axitinib, cabozantinib. Come terapia di prima scelta per i pazienti a rischio prognostico intermedio e poor le LG AIOM riportano anche la combinazione nivolumab+ipilimumab, non ancora rimborsata in Italia. Per la seconda linea e successive, invece, le opzioni terapeutiche attualmente disponibili in Italia per pazienti affetti da carcinoma renale metastatico pretrattati con almeno una linea terapeutica precedente sono sei: nivolumab, cabozantinib, sunitinib, axitinib, everolimus e sorafenib. Vi sono anche dei trattamenti dimostratisi efficaci ma non ancora rimborsati in Italia, quali la combinazione lenvatinib + everolimus e tivozanib.
  • Il trattamento del mRCC presenta evidenti difficoltà legate alla scelta del regime terapeutico più appropriato in un settore a sviluppo rapidissimo con raccomandazioni derivate da numerosi trial clinici. Questi ultimi hanno dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza, in particolare per nuove combinazioni, quale nivolumab + ipilimumab per i gruppi di rischio a prognosi intermedia e sfavorevole, mentre la combinazione pembrolizumab+axitinib è raccomandata e rimborsata per tutte le categorie di rischio prognostico. Tra le terapie basate sugli inibitori di tirosin-chinasi che hanno come target il VEGF, sunitinib e pazopanib costituiscono il regime alternativo per quei pazienti che non riescono a tollerare gli inibitori dei checkpoint immunitari (ICPI). Cabozantinib resta invece una valida opzione alternativa per i gruppi a rischio prognostico intermedio e alto. Per pazienti trattati precedentemente con inibitori di tirosinchinasi in progressione, nivolumab, cabozantinib, e axitinib appaiono come le migliori alternative. Per pazienti trattati precedentemente con ICPI, qualsiasi terapia diretta al VEGF, non utilizzata prima con gli ICPI, sembra un’opzione valida, anche se la forza di questa raccomandazione è debole. Numerosi trial di fase III relativi alla combinazione di ICPI e agenti anti-VEGF sono attualmente in corso.
  • Ad oggi, la combinazione pembrolizumab + axitinib ha dimostrato un elevato valore terapeutico aggiunto ed è già rimborsata e presente sul mercato: ciò rappresenta un'importante alternativa terapeutica per i pazienti affetti da mRCC. Lo studio clinico attualmente disponibile sulla combinazione pembrolizumab + axitinib (KEYNOTE 426) che riporta dati di efficacia per il trattamento del carcinoma a cellule renali dell’adulto di grado avanzato mostra risultati rilevanti in termini di importante valore terapeutico aggiunto rispetto a sunitinib per gli endpoint di sopravvivenza globale, progressione libera da malattia e tasso di risposta globale. Tali risultati positivi sono stati evidenziati anche in sottogruppi di pazienti. Il vantaggio mostrato in termini di sopravvivenza globale è particolarmente rilevante anche per il lungo follow-up ormai disponibile. Anche il profilo di sicurezza di pembrolizumab è apparso complessivamente analogo a quello di altri farmaci dalla medesima indicazione.
  • La combinazione pembrolizumab + axitinib rappresenta un esempio di immunoterapia che aumenta in modo significativo la sopravvivenza globale e la sopravvivenza senza progressione di malattia dei pazienti rispetto allo standard of care. In tal senso, affinché l’innovazione possa essere considerata un “investimento” per il Paese, è fondamentale un cambiamento culturale che consideri il valore associato all’innovazione in funzione dell’impatto che essa ha sul Sistema a 360° sotto il profilo clinico, economico, sociale ed etico, secondo un approccio olistico e multidisciplinare che vada oltre la logica dei silos. Si dovrebbe quindi passare da un’ottica che vede le risorse allocate in sanità come costo a un’ottica che le considera come un’opportunità volta a capitalizzare, nel lungo periodo, i benefici economici non solo del settore salute ma anche dell’intero Paese.
  • L’innovazione terapeutica ha permesso il raggiungimento di traguardi importantissimi nella lotta contro il cancro e anche contro il carcinoma renale. Tuttavia, all’interno delle voci di spesa sanitaria, l’aumento del numero di pazienti oncologici e della sopravvivenza da un lato e la disponibilità di farmaci sempre più innovativi dall’altro, hanno portato, negli ultimi anni, ad un aumento della spesa per le terapie farmacologiche in ambito oncologico. Se si considera la spesa socio-sanitaria dei malati oncologici a livello pro capite si evince un aumento della spesa farmaceutica (+21%) e una contestuale riduzione sia della spesa sociale totale (-41%), che della spesa sanitaria diretta - esclusa quella farmaceutica (-53%) e dei costi legati alla perdita di produttività (-4,6%). Questi dati confermano il valore dei farmaci innovativi nel contribuire a conseguire risultati importanti per la qualità di vita dei pazienti oncologici e, riducendo le condizioni che determinano inabilità al lavoro e disabilità, nell’impattare in modo significativo sull’ammontare della spesa assistenziale e previdenziale. E questo principio, si applica, potenzialmente, anche ai pazienti con mRCC. Se consideriamo che in Italia, nel 2020, erano circa 13.500 i nuovi casi attesi di tumore del rene e di questi, circa il 20-30% ha sviluppato metastasi successivamente all’escissione del tumore primitivo, si potrebbe assumere una coorte di circa 2.700-4.050 pazienti con mRCC da trattare con farmaci innovativi, ivi compresa la combinazione pembrolizumab + axitinib, che comporterebbero un ritorno economico (riduzione di altre voci di spesa sanitaria e di spese sociali + aumento della produttività e maggiore impatto fiscale) e sociale nonché un maggior numero di vite salvate e, quindi, maggior beneficio clinico per i pazienti. Solo attraverso un approccio che miri a raggiungere i migliori risultati clinici per i pazienti considerando al tempo stesso gli aspetti economici, di allocazione delle risorse, di partecipazione e coesione sociale, è possibile assicurare in modo equo e universale tali trattamenti.
  • In conclusione, è necessario sottolineare che al giorno d’oggi l’area oncologica è una di quelle a maggiore sviluppo e nella quale rispetto al passato si è focalizzata maggiormente l’attenzione verso gli aspetti inerenti al trattamento in relazione alle prospettive del paziente, come dimostrato da indicatori sempre più tenuti in considerazione quali, ad esempio, i Patient-Reported Outcomes (PROs) e la qualità della vita. È quindi importante tenere conto di questi aspetti nella programmazione e organizzazione del nostro SSN, definendo come obiettivo prioritario quello di investire in terapie che garantiscano in primis efficacia terapeutica e sicurezza, ma senza trascurare i benefici per il paziente, in un’ottica value-based che ponga in equilibrio le differenti esigenze di tutti gli stakeholder. Pertanto, è indispensabile, soprattutto per le forme tumorali metastatiche, identificare ed avviare la terapia più efficace in rapporto al rischio prognostico del paziente. È fondamentale poter scegliere per ogni singolo paziente il miglior approccio terapeutico in grado di coniugare innovazione, sostenibilità ed efficacia del trattamento con l’obiettivo di fornire un’assistenza sanitaria di elevato valore.